Precalcedoniani
Alcune chiese ortodosse non riconoscono il Concilio di Calcedonia, svolto nell’anno 452 d.C., considerando valido l’ultimo Concilio, svolto in Efeso nel 448 d.C., noto col nome di Secondo Concilio di Efeso.
Le motivazioni che hanno portato a tale scelta teologica è riassumibile con una parola:
miafisismo
Il miafisismo è una dottrina cristologica secondo la quale in Gesù Cristo c’è una sola natura, unica e irripetibile nella storia dell’umanità, formata dall’unione della divinità e dell’umanità, unite ed indivisibili tra di loro.
Se il monofisismo professava l’esistenza, in Cristo, di “un’unica natura” (monē physis), quella divina, il miafisismo, che del monofisismo è una forma attenuata, predica sì in Cristo l’umanità e la divinità, ma fuse e inseparabili in “una natura unica” (mia physis).
Fondamenta del Clero Sposato
Nella Chiesa paleocristiana, paradossalmente, i Vescovi erano esclusivamente coniugati. Se facciamo una piccola ricerca storica sul rito del matrimonio appare evidente che nella chiesa di Roma la liturgia del matrimonio non era obbligatoria per tutti: le collezioni canoniche italiche dei secoli IX e X sono molto chiare in questo senso.
I sacerdoti sono stati una categoria che è andata creandosi per esigenze ministeriali lungo il corso della storia della Chiesa. Gesù non ha consacrato episopi né ha ordinato sacerdoti, bensì ha scelto i dodici Apostoli e, lo sappiamo, non li ha scelti solo fra i celibi, anzi, dalla tradizione, pare che solo Giovanni lo fosse.
I successori degli Apostoli sono i Vescovi che non furono scelti fra coloro che erano celibi.
Sant’Ilario di Poitiers, ad esempio, e San Gregorio Nisseno erano sposati e San Gregorio Nazianzeno era figlio di un Vescovo.
Gli Apostoli stessi, quando cominciarono a comprendere che probabilmente non avrebbero potuto dedicare un impegno esclusivo alle comunità che lo Spirito suscitava sempre più numerose, grazie anche alla loro predicazione, si scelsero sette diaconi (Cfr.: Atti 6,1-6) fra uomini di buona reputazione, non fra uomini celibi.
Dallo studio della Scrittura e della Tradizione, non è dato di sapere chi fu il primo sacerdote ordinato.
Esistono documenti storici che attestano la presenza di sacerdoti fin dai primi anni della vita ecclesiale, i quali, però, non erano necessariamente celibi.
Prime avvisaglie di una formazione del clero si hanno verso il V e VI secolo.
Nei primi seminari plaeocristiani, sotto la vigilanza del Vescovo, si cominciava a
curare la formazione dei giovani candidati al sacerdozio. Bisogna dedurre che questi giovani siano stati educati e resi edotti della importanza del celibato, ma non siano stati vincolati assolutamente a vivere una vita di castità.
La prova di questa affermazione è riconducibile a San Paolo che ammonisce a non scegliere vescovi, sacerdoti e diaconi se non da coloro che erano sposati una sola volta (Crf.: Tim. 3, 2.12; Tit. 1, 6 “l’uomo di una sola moglie”) che può anche voler dire: un uomo che si sia sempre mantenuto fedele alla sua donna.
Di celibato obbligatorio si parla ufficialmente per la prima volta nel concilio “locale”di Elvira (Spagna) che si è svolto nell’anno 303 d.C.
Il canone 27 recita: “Il vescovo o un chierico abbiano con sé solo la sorella o una vergine votata a Dio e nessun’altra estranea”.
Al canone 33 stabilisce: “Si è deciso all’unanimità di proibire a vescovi, sacerdoti e diaconi ed a tutti i chierici che esercitano il ministero, di astenersi dai rapporti sessuali e dal generare figli. Chi contravviene a questa regola sia dimesso dall’onore clericale”. (Cfr.:D.S 118-119).
Ma a questa regola continuarono a contravvenire sacerdoti e vescovi per molti e molti anni ancora.
Dobbiamo attendere il concilio lateranense I, nel 1123 per trovare un’altra
codificazione del celibato. Il canone n.3, infatti, recita: “Vietiamo a presbiteri, diaconi e suddiaconi la coabitazione con mogli, concubine, donne eccetto quelle che il sinodo di Nicea ha consentito che coabitassero per causa di necessità e cioè la madre, la sorella o altre donne che non facciano sorgere alcun sospetto”.
Nel corso dei secoli, poi, numerosi sono stati i richiami alla necessità del celibato, fino ad arrivare al concilio di Trento che non solo l’ha ribadita, ma ha raccomandato ai Vescovi di mettere in atto tutti i mezzi affinché coloro che scelgono la vita sacerdotale siano celibi.
In tema di celibato si sostiene spesso che una della ragioni che lo resero obbligatorio, se non la ragione principale, fu il motivo economico. La chiesa paleocristiana, dopo i primi anni di vita in cui tutti vivevano alla lettera lo spirito evangelico, si è trovata a fare i conti con le esigenze del tempo e le sue tentazioni: denaro, potere, ecc.
Nel corso dei primissimi anni si è passati dal detto di Gesù: “le volpi hanno una tana e gli uccelli del cielo un nido ove deporre i loro piccoli, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” e da quello di Paolo che ha ricordato ai cristiani che non fu sulle spalle di nessuno, ma si guadagnò il proprio pane, …ad accettare lasciti, donazioni, insomma… cose di questo mondo, cose che danno una sicurezza.
La parrocchia, con una canonica e l’ausilio di molti fedeli, un lavoro sicuro in loco rappresentavano indubbiamente un’ambita conquista per chiunque volesse sistemarsi, specie nei secoli in cui a causa di guerre, carestie e malattie non era facile trovare un lavoro serio e sicuro. La tentazione di un presbitero che esercitava con molto zelo il proprio ministero, ma che aveva famiglia, di lasciare in eredità al proprio figlio il proprio “lavoro” era forte. Ma non era detto che il figlio avesse la medesima vocazione del padre. Non trascurabile il fatto che alcuni di questi figli di prelati ed altri prelati si siano lasciati andare, anche in campo sessuale, a libertinaggi scandalosi che si sono rivelati un vero e proprio danno alla diffusione del Vangelo.
I vescovi, fedeli alla loro missione, non possono aver trascurato questo dato di fatto e hanno cercato di arginare il problema che andava sempre più facendosi preoccupante imponendo il celibato.
Ma se è accettabile questa tesi, proprio in virtù del fatto che i tempi di cui stiamo parlando non erano i nostri, è ricusabile l’assunto di molti che il celibato sia fondato solo ed esclusivamente su questa ragione o che questo solo motivo abbia spinto i presbiteri ad ammantare di spiritualità e di forti connotati evangelici un motivo economico.
Il primo Papa e Vescovo di Roma, comunque, fu sposato. L’Evangelista Matteo, al cap.1g, 10-12, fa seguire all’insegnamento sul matrimonio indissolubile una parola del Maestro riguardante coloro che non si sposano. I commentatori sono concordi nel riferire che probabilmente Gesù, che era celibe, ed i suoi discepoli, di cui alcuni non erano sposati ed altri avevano lasciato la moglie per seguirlo, venivano vilipesi e derisi con l’appellativo sprezzante di eunuchi.
Gesù ricorda che vi sono uomini che hanno scelto deliberatamente di non generare figli non perché non possano farlo, ma per dedicarsi totalmente al regno e alla predicazione del regno. Ma sempre qui Gesù non ritiene che predicazione del regno e matrimonio siano incompatibili. Ovviamente data l’importanza dell’argomento, il figlio di Dio non avrebbe trascurato di lasciare chiare indicazioni se avesse voluto che i suoi ministri di culto dovessero restare celibi.
Trattare l’argomento del celibato in maniera completa e scientifica può essere considerato fuori luogo in questo contesto. Possiamo tenere presente che la storia della chiesa si articola nel corso di duemila anni e non sempre tutto è stato documentato a dovere, soprattutto nei primi secoli.
Non dimentichiamo che per secoli la maggioranza dei cristiani era costituita da contadini analfabeti e già dal IX secolo in poi, ma anche prima, quasi tutti coloro che vivevano nelle vicinanze di una chiesa e di un presbitero. Tutti potevano assistere alla Divina Liturgia e ricevere i sacramenti.
E’ in questo contesto che si inserisce la riforma monastica che, nata in grandi monasteri, sia in oriente che in occidente, come ad esempio Cluny, ha presto inondato l’intera Chiesa con il suo benefico frutto. Questa riforma si proponeva di modificare la Chiesa, imponendo al popolo la vita sottomessa alla regola e dando, nei limiti del possibile, una regola di vita monastica al clero secolare ed ai laici.
Restava il clero dipendente dal Papa: Vescovi, alti prelati e membri insigniti degli ordini minori. Non dobbiamo dimenticare che essere inseriti nella società laica era inevitabile per il clero ai tempi del medioevo. Il papato, quando non era immerso nel ginepraio delle fazioni romane, era soggiogato dagli imperatori tedeschi o francesi. I vescovi, tranne rarissime eccezioni, erano designati dai potentati laici e traevano il loro patrimonio dai benefici concessi dal re o da qualche principe; erano legati da obblighi feudali e trascorrevano gran parte del proprio tempo ad assolvere a compiti amministrativi, al servizio del loro signore temporale. Non era escluso che molti Vescovi fossero divenuti tali comprando la carica. La medesima cosa si può dire del basso clero: anch’esso era al servizio del signore del luogo.
Oppure, per trarre un reddito, provvedeva al servizio di una chiesa che era considerata come bene immobile il cui reddito andava per la maggior parte ad uno o più proprietari. Il clero, alto o basso, non aveva vita propria. Il papa, un imperatore o sovrano, talvolta servitore di altro imperatore. I vescovi, grazie alla loro posizione di nascita all’interna della nobiltà feudale, erano ricchissimi e potevano essere più potenti del papa economicamente parlando.
I presbiteri spesso erano piccoli contadini, sposati e costituivano spesso solo le maglie di una catena ereditaria. Un clero così non poteva essere Luce vera irradiata alle genti. Per cui siamo di fronte ad uno stato di decadenza che, probabilmente, la riforma monastica ha contribuito a risollevare. In questo contesto si colloca il discorso storico sul celibato.
Il matrimonio o il concubinato del clero erano fenomeni diffusi e a quest’epoca, continuando una tradizione della chiesa, gli ordini sacri non costituivano un adempimento canonico atto ad invalidare un tentativo matrimoniale. Si è parlato di motivazioni economiche che hanno contribuito a rendere obbligatorio il celibato, per cui è evidente che in simili situazioni, il nicolaismo (termine di origine incerta che finì per designare l’incontinenza dei chierici) portava naturalmente alla trasmissione ereditaria delle chiese in quanto beneficio ed alla dispersione della proprietà ecclesiastica per donazione o testamento. Va detto che il chierico, spesso di origine contadina, in forza del suo ufficio, veniva elevato ad un livello superiore. La sua sposa era spesso di nascita libera ed i figli, per diritto, seguivano la madre. Il signore era privato pian piano dei suoi diritti e di una certa parte dei beni della chiesa che il servo, divenuto sacerdote, li aveva acquisiti per donazione o per eredità. Ecco perché in questi secoli la maggior parte dei presbiteri non fu celibe e questo stato non aveva nulla di infamante. In seguito, lo ebbe per ragioni storiche.
Quando il Tridentino (sess. XXIC can. 9- l0) sancì definitivamente la consustanzialità fra celibato e sacerdozio era chiaro che chi non stava alle regole doveva essere ammonito. Sarebbe discutibile il metodo con cui queste regole sono state applicate e poi recepite nei piani di formazione educativa dei candidati al sacerdozio, ma il dato di fatto è che il più noto concilio della storia della Chiesa di Roma fu perentorio: nessun uomo che volesse ricevere gli allora ordini maggiori (suddiaconato, diaconato, sacerdozio, episcopato) doveva essere sposato o avere l’intenzione, una volta ricevuti questi ordini, di contrarre matrimonio.
Nella riforma protestante uno dei punti di forza dei protestanti era proprio la facoltatività del celibato, cioè la non consustanzialità fra sacerdozio ministeriale e celibato.
Anche Martin Lutero ha espresso parecchie riserve sul sacramento dell’ Ordine ed i suoi seguaci si sono affrettati a snaturarne il significato per staccarsi sempre più da Roma. Risulta evidente che i Padri di Trento dovevano dare un forte richiamo alla diversità con la chiesa d’oltralpe e per questo, riprendendo a chiare lettere una tradizione che fino ad allora era viva, ma era anche abbastanza sopita, hanno legato indissolubilmente il celibato al sacerdozio ministeriale.
Il problema non sarà stato sviscerato esaustivamente dal punto di vista teologico e storico, ma pare che vi siano elementi sufficienti per ribadire che non si tratta di attaccare la teologia, la spiritualità, la sacralità del celibato.
Per quanto enunciato l’Ordine Monastico di Seborga ha intrapreso un dialogo con tutte le chiese che riconoscono la regolarità del clero sposato, non soltanto di sacerdoti sposati, ma di tutto il clero che oggi vive la dualità del sacramento del Matrimonio e dell’Ordinazione, in particolare i Vescovi coniugati.
Lungi da noi giudicare quanto è stato sin ora promosso da tutte le confessioni religiose riconducibili ai Santi Apostoli e direttamente al fondatore Gesù Cristo, Nostro Re, ma seguendo l’esempio della Chiesa Paleocristiana che ha cercato di diffondere gli insegnamenti del Figlio di Dio Padre Onnipotente, attraverso la ricezione del Santo Spirito.
Per questi motivi riconosciamo legittime le rivendicazioni dei miafisiti ovvero di coloro i quali hanno scelto di essere precalcedoniani pur continuando a sostenere la sacralità del Concilio di Calcedonia e riteniamo fondamentale quanto enunciato nel Concilio di Nicea del del 325 d.C. che sancisce la Pentarchia, ovvero la forma di governo paleocristiano di tutte e cinque i Patriarcati dell’Impero Romano:
Roma, Gerusalemme, Costantinopoli, Antiochia ed Alessandria d’Egitto.